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La Leggenda di BardPdf - Mp3
di Emilio Minelli
C’era una volta un cavaliere della corte della Regina Teodolinda che si chiamava Bard.
Oltre che essere un valoroso cavaliere, sapeva suonare con abilità il liuto e componeva canzoni e poesie con cui allietava le feste della corte longobarda, che si svolgevano nei castelli e nei palazzi, durante i rigidi e nebbiosi inverni che avvolgevano le lande e i fiumi attorno a Monza.
Un giorno seguendo il corso del Lambro si inoltrò a cavallo nella Valle Cantalupo.
Stava cercando ispirazione per le sue storie ed era immerso nei suoi pensieri quando, alzando gli occhi al cielo, vide uno sparviero che stava iniziando una picchiata per ghermire la sua preda. Si portò avanti per vedere meglio la scena, grande fu il suo stupore quando vide che il falco giunto vicino ad un coniglio selvatico, planò, guardò il coniglio e dopo aver gettato un grido riprese il volo.
Il coniglio non sembrava minimamente intimorito.
Incuriosito da ciò, decise di seguire il volo dello sparviero inoltrandosi in un bosco in prossimità di una cascina.
Di nuovo lo sparviero cominciò a restringere i suoi cerchi nel cielo e a un certo punto cominciò una picchiata che terminò vicino a un passero inerme, che, immobile, sembrava aspettasse la morte dal cielo.
Ancora una volta, però, il falco planò dolcemente, guardò con intensità la sua preda e poi, dopo aver lanciato nuovamente il suo richiamo, volò via.
A questo punto, Bard fu sicuro di trovarsi in uno di quei luoghi strani in cui la magia può modificare il naturale corso degli eventi, trasformando il lupo in agnello. Scese da cavallo e si mise a passeggiare nel bosco immerso in riflessioni su quello che aveva appena visto.
Improvvisamente vide, da lontano, una bellissima fanciulla vestita di abiti molto umili, che sembrava cantasse e ballasse da sola al centro di una radura.
Rapido, si nascose dietro un cespuglio di ligustro facendo sdraiare il cavallo e si mise ad osservarla rapito. La ragazza cantava molto bene e si muoveva con eleganza ma non si capiva perché lo facesse.
Infatti, per quanto scrutasse, la ragazza sembrava completamente sola. ”Peccato, una così bella ragazza fuori di senno”, commentò.
Aveva appena finito di bisbigliare queste parole che la ragazza interruppe il canto e si chinò, con gesto elegante, verso una parte della radura, come per ricevere un applauso. Fu a quel punto che dal margine del bosco si udì come un sommesso battere di mani e rumori strani, gorgheggi, fischi di merli, battiti di ali, miagolii e, distintamente, udì l’ululato di un lupo.
A quel punto, il cavaliere aguzzò bene la vista e proprio in fondo alla radura, al confine tra il prato e l’inizio del bosco, intravide uno stuolo di animaletti che formavano un piccolo pubblico che guardava estasiato la bella contadina.
C’erano volpi, lepri, gatti, cervi, gufi, fagiani, pernici, passeri, conigli, falchi, pipistrelli e sulla sinistra, un po’ discosto, vide lui: lo sparviero. Capì che i suoi richiami erano stati come altrettanti inviti per gli animali del bosco.
Questo stranissimo pubblico continuava ad applaudire estasiato e sembrava voler fare una grande festa alla bellissima fanciulla. Bard restò molto impressionato ma non volle interrompere questo spettacolo da cui era rimasto decisamente rapito e se ne andò risoluto a rivedere quella bellissima fanciulla dagli occhi verdi, che cantava e danzava per gli animali della radura .
Bard tornò diverse volte nel bosco a riascoltare la fanciulla e ogni volta ne tornava sempre più ammirato e ormai decisamente innamorato. Mosso dal desiderio di conoscerla, aveva fatto qualche tentativo per incontrarla, ma ella spaventata era sempre fuggita e gli animaletti erano intervenuti in modo da aiutare la sua fuga e da farne perdere le tracce.
Bard, però, non si perse d’animo e cercò di raccogliere informazioni tra tutti gli abitanti del bosco. Alla fine, riuscì a scoprire che la fanciulla era la figlia del mugnaio che abitava nella cascina che si poteva scorgere all’inizio del bosco. Da sempre era nota con il nome di cascina Chignolo.
L’idea di poterla incontrare lo riempì dapprima di gioia, ma poi divenne molto triste. Infatti, venne a  sapere che il mugnaio era una contadino di fede cristiana; appartenente a quelle popolazioni italiche, per lo più di tale religione, che loro, i Longobardi, avevano sottomesso durante le guerre di conquista del nord Italia.
Sapeva che mai il mugnaio avrebbe permesso alla figlia di sposarsi con un barbaro pagano. Tuttavia, era cosi perdutamente innamorato che decise comunque di andare dal padre per domandargli di poter conoscere la figlia, sperando poi di chiederla in sposa.
Il mugnaio era un contadino rozzo ma di grande fede, che le angherie e i soprusi, soprattutto dei primi anni della conquista longobarda, avevano reso furbo e abile nei rapporti con i barbari.
Capiva che, se avesse negato la mano di sua figlia a un nobile longobardo, questo avrebbe potuto costare la vita a lui e a tutta la sua famiglia. Decise allora di giocare d’astuzia e, facendosi coraggio, rispose al cavaliere che il suo Dio non avrebbe acconsentito a questa unione e l’avrebbe punito a meno che lui, sebbene longobardo, non avesse dimostrato di avere un buon rapporto con Dio. Ma come dimostrare ciò? Prese tempo e, dopo aver riflettuto, alcuni giorni dopo disse a Bard che un Angelo di Dio, apparso in sogno, gli aveva rivelato la prova che avrebbe dovuto superare per dimostrare di essere vicino a Dio. Non era una prova difficile, sarebbe stato sufficiente comporre una canzone, la cui melodia avesse fatto accorrere tutti gli animali del bosco .Questo avrebbe dimostrato che conosceva l’innocenza, che aveva la sapienza per trasformarla in una canzone e l’abilità per cantarla e farla intendere agli animali del bosco.
Queste tre virtù sarebbero state la dimostrazione evidente che lui non poteva essere troppo lontano da Dio. In realtà, il furbo contadino gioiva in cuor suo, pensando che mai e poi mai un longobardo sarebbe riuscito in una impresa del genere.
In effetti, a sentire queste parole, Bard si rattristò poiché sapeva di essere in grado di comporre molte melodie per le feste di corte ma era anche cosciente che tutte richiamavano al divertimento sfrenato, alla spensieratezza, alla sensualità, tutte cose molto lontane da ciò che gli veniva richiesto. Bard, che ormai alcuni avevano ribattezzato il Cavaliere Triste, vagava da solo per i boschi e nelle sale del palazzo di corte, chiedendosi se mai sarebbe riuscito a incontrare e far sua la fanciulla di cui si era invaghito e di cui ormai era perdutamente innamorato.
Una mattina stava rimuginando sulla sua sfortuna quando nel cortile del palazzo osservò tra i mugnai, che portavano la farina al castello, un ragazzetto che fischiettava con un merlo sulla spalla, mentre era impegnato a scaricare i pesanti sacchi di farina. Sembrava che, ogni tanto, il merlo rispondesse alla melodia del ragazzo. Bard, divertito, continuò ad osservare questa strana coppia di lavoratori, che lo distoglieva dai suoi tristi pensieri.
Dopo un po’, notò che il ragazzo aveva cambiato la melodia e che sulla sua spalla, al posto del merlo, si era posato un usignolo. Anch’esso sembrava rispondere al fischiettio del ragazzo, in un incomprensibile ma gradevolissimo duetto musicale. La cosa sarebbe però, probabilmente, passata inosservata se proprio in quel momento, sotto il suo sguardo, il ragazzo non avesse ulteriormente cambiato la melodia mentre si verificava un fatto stupefacente ed inaspettato. L’usignolo, infatti, aveva preso il volo e al suo posto era arrivata una cinciallegra che, a sua volta, aveva cominciato a dialogare con il ragazzo,
con un fitto intreccio di melodie.
Incuriosito e deciso a saperne di più, Bard diede ordine ai soldati di prendere il ragazzo e portarlo a corte, per interrogarlo e farsi svelare il segreto del linguaggio degli animali a qualunque costo.”E’ solo un ragazzo”, pensò, “lo spaventerò”.
Così, quando il ragazzo venne portato alla sua presenza, Bard sguainò il pugnale e glielo serrò forte alla gola urlandogli “Dimmi qual è il segreto che ti consente di far sì che gli uccelli arrivino sulla tua spalla e parlino con te, dimmi il segreto o affonderò il pugnale nella tua gola e sarai morto prima di un respiro”. Il ragazzo, per nulla intimorito, gli rispose: “Sei ingiusto, o mio Signore, perché vuoi derubarmi due volte. Infatti, io ho un segreto che
tu vuoi portarmi via, ma se te lo dico tu mi porterai via il segreto e raddoppierai portandomi via la vita”. “No”, rispose Bard, ”io sono innamorato di una fanciulla e per averla devo scoprire il segreto per parlare al cuore degli animali e farli accorrere a me. Se non lo scoprirò, io so che per questo amore morirò”. Poi proseguì: ”In realtà io sono già come morto: non mangio più, non dormo più e lungo le mie membra ha già cominciato
a salire il gelo dell’inverno. Quando questo gelo raggiungerà il Cuore, lo stringerà nella sua morsa e allora sarà la fine. Così, se tu mi riveli il segreto, ti sarò debitore della mia vita
e, perciò, ti renderò la tua, che ora è in mio potere, e in più ti farò ricco”. La proposta sembrò sensata al ragazzo che aveva sentito vibrare in sé anche la corda della compassione mentre Bard gli parlava del suo amore infelice.

“Nel bosco, vicino ad un luogo chiamato “La Meridiana degli Gnomi”, c’è un tronco cavo da cui nelle notti di luna piena provengono rumori simili a quelli che si odono quando c’è una festa. Si sentono musiche e melodie d’altri tempi, si sente cantare, il liuto e il tamburello suonano incessantemente. Si sente un rumore come di zoccoli, che battono ritmicamente contro un pavimento di legno e si scorgono luci come di candele o fiaccole accese. Talora i contadini si raccolgono attorno a questo luogo nel bosco e passano ore, con la luna alta nel cielo, ad ascoltare queste melodie. A luna nuova, invece, si sentono melodie molto più dolci e arie romantiche. In questo periodo, sono gli innamorati che si fermano ad ascoltare queste musiche. Ho sentito dire che se due innamorati ascoltano una di queste melodie insieme resteranno innamorati per tutta la vita. Ma i nostri sacerdoti non vogliono sentir parlare di queste cose e dicono che sono superstizioni, cose del diavolo.”

“Tutti, però, sanno che lì abitano degli gnomi che talora vengono fuori dalla tana e parlano con gli animali. Una volta, passando da quelle parti, ho visto uno gnomo piccolino che stava scappando da un gatto. Ad un certo punto è inciampato su una radice torcendosi una caviglia. Il gatto stava per ghermirlo ma io ho gettato un grido e il gatto, vedendomi correre, è scappato rinunciando alla preda.”

“Quando sono arrivato, il piccolo gnomo, poi ho saputo che tanto piccolo non era perché aveva 150 anni, era svenuto. Ho preso la mia borraccia d’acqua e gliel’ ho versata addosso. Si è subito svegliato arrabbiandosi.” “Ma cosa fai sciocco, non vedi che mi stai affogando?” Immediatamente, ha cercato di muoversi ma subito è stato bloccato da un dolore fortissimo. La gamba, che era rimasta impigliata nella radice, si era rotta
all’altezza della caviglia. Mi sono ricordato che quand’ero piccolo, una volta, avevo raccolto un fringuello che, caduto dal nido, si era rotto una zampetta. Avevo preso due rametti, glieli avevo messi attorno alla zampetta e li avevo legati con un po’ di spago. Siccome non poteva né correre né volare e sarebbe stata facile preda dei gatti, l’avevo tenuto con me per qualche tempo, nutrendolo e dandogli da bere. Poi, dopo qualche
mese, gli avevo tolto tutto e l’avevo lasciato andare, dopo averlo allenato a riprendere il volo con salti da altezze sempre maggiori da un albero. Un bel giorno si era alzato in volo
aveva fatto due giri radenti attorno a me sempre più stretti, come se avesse voluto abbracciarmi, e poi aveva spiccato il volo.
Ho pensato che, in fondo, quello gnomo non era molto diverso da quell’uccellino e che avrei potuto fare con lui le stesse cose che avevo fatto per quel fringuello. Così, gli steccai la gamba e gliela legai con lo spago. Volevo portarlo con me per proteggerlo dai gatti ma questi mi disse che non ce n’era bisogno, di dargli un rametto che funzionasse da stampella e di portarlo vicino al buco degli gnomi. ”Non posso stare con te”, mi disse lui,
“Voi umani avete una puzza incredibile e, se resto troppo vicino a te, anch’io puzzerò e nessun gnomo o gnoma vorrà più sedersi vicino a me”. Lo ascoltavo in silenzio, ma non lo capivo molto anche perché, mentre sentivo che la mia pelle mandava un buon odore di farina, mi pareva che lo gnomo non avesse un odore buonissimo, avvolto com’era da quell’olezzo di terreno, foglie marce e radici. Tuttavia, lo presi e delicatamente lo posai
vicino all’imboccatura del tronco cavo in prossimità del luogo detto “La Meridiana degli Gnomi.”

“Dopo che lo ebbi posato a terra, questi mi guardò perplesso dal basso in alto e poi disse: “Accidenti a te, abbassati. Voi umani siete sempre troppo lunghi. Come vuoi che faccia a parlarti, se continui a tenere le orecchie in mezzo alla testa e la testa così lontana dai piedi dove sono io!”

Mi abbassai e con la mano rugosa mi fece una carezza. “Grazie”, mi disse, “ora sei pronto per ricevere la mia ricompensa?” Io rimasi stupito e senza parole, perché non mi aspettavo nessuna ricompensa. Lui, però, non mi lasciò nemmeno il tempo di reagire e proseguì: “Ci vorranno dodici lune, tu dovrai presentarti tutte le sere all’imbrunire, al confine della radura, io ci sarò e ti insegnerò come chiamare gli animali e parlare con loro, come guardare le piante e farti raccontare tutti i loro segreti. Le piante, infatti, sono come dei grandi libri in cui è scritta la storia della terra dall’alba del tempo ad oggi, molto tempo prima che fossero creati gli animali o gli uomini”. “E’ bellissimo”, gridai io, “così potrò farmi raccontare dove sono sepolti i più grandi tesori del bosco, li andrò a scoprire e diventerò ricco togliendo me stesso e la mia famiglia dalla povertà e dal bisogno”. “Sei stupido”, mi disse lo gnomo, “se vuoi l’oro basta che tu me lo chieda, ma ricordati che con l’oro potrai comperare la bellezza di una donna ma non il suo amore, il lavoro dei  servi ma non il loro cuore né la loro passione, né la loro creatività, la casa ma non la sicurezza. I briganti, infatti, ti cercheranno per prendere il tuo oro. Potrai comperare i migliori medici, ma non la salute e il tuo cuore sarà sempre in preda ad affanni e a un’ansia perpetua, perché non saprai mai se la tua donna vuole te o i tuoi soldi. Con l’oro avrai aperto la porta all’infelicità”. “La vuoi? ora? adesso?” Mi spaventai e in un bisbiglio gli dissi: “No”. “Bene”, proseguì lui, “sei stupido ma non troppo. Ti rivelerò il segreto per parlare agli animali, che è un tesoro molto più prezioso, infatti non sarai mai più solo”. “Ma scusami”, gli chiesi io, sospettando un inganno, “se parli con gli animali, perché quel gatto voleva mangiarti?” “Non voleva affatto mangiarmi. Gli avevo detto: tordo!, parola che lo fa andare in bestia, sei lento come una lumaca e se corri con me vedrai che arrivo prima io al tronco vuoto laggiù in fondo. Non fosse stato per la radice avrei vinto”. “Ma stava per ghermirti”, dissi io incredulo. “No, questo è quello che credi di aver visto tu. In realtà, mi ha visto svenuto e cercava di muovermi per vedere se ero vivo o morto. Allora d’accordo”, concluse, “alla prossima luna ci vedremo al limitare della radura all’imbrunire e cominceremo da lì la tua iniziazione”. Non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere che, sgambettando e agitando la stampella come un remo, era già scomparso nel profondo del buco. Dopo quella volta, per 12 lune, andai nella radura e mi insegnò il segreto per parlare con gli animali.
Mi spiegò che sopra il bosco era come distesa la grande costellazione dell’Orsa Maggiore e che noi avremmo visitato le dodici stelle dell’Orsa, che avevano lo stesso nome dei dodici segni dello Zodiaco.
Fu così che mi portò:
nel mese di Aprile,
nella zona della coda dell’Orsa chiamata Ariete, poi
nel mese di Maggio,
nella zona dell’intestino dell’Orsa chiamata Toro, poi
nel mese di Giugno,
nella zona della spalla anteriore dell’Orsa chiamata Gemelli, poi
nel mese di Luglio,
nella zona della testa dell’Orsa chiamata Cancro, poi
nel mese di Agosto,
nella zona del Grande Cuore dell’Orsa chiamata Leone, poi
nel mese di Settembre,
nella zona del muso dell’Orsa chiamata Vergine, poi
nel mese di Ottobre,
nella zona del Piccolo Cuore dell’Orsa chiamata Bilancia, poi
nel mese di Novembre,
nella zona del ventre dell’Orsa chiamata Scorpione, poi
nel mese di Dicembre,
nella zona del plesso solare dell’Orsa chiamata Sagittario, poi
nel mese di Gennaio,
nella zona della zampa posteriore dell’Orsa chiamata Capricorno, poi
nel mese di Febbraio,
nella zona della spalla posteriore dell’Orsa chiamata Acquario, poi
nel mese di Marzo,
nella zona della zampa anteriore sinistra dell’Orsa chiamata Pesci.

Ad ogni luna andavamo, nel bosco, nel luogo ove si proiettava una stella nuova. Questo era il luogo frequentato in particolare da un animale o dove cresceva una ben determinata pianta. Lo gnomo mi faceva sedere di fronte all’animale o alla pianta, che dovevo conoscere e mi faceva respirare piano dicendomi di lasciare che i pensieri sparissero e di concentrarmi sul respiro con cui la natura intorno entrava dentro me. Dopo lo gnomo me lo presentava, dicendomi il suo nome e parlandomi delle sue origini, della sua storia e delle sue funzioni. In seguito io li accarezzavo, li guardavo e mi sentivo trasformare nella pianta o nell’animale che avevo di fronte. La trasformazione procedeva al punto tale che arrivavo a emettere suoni come quelli dell’animale, che avevo di fronte, o vedevo le innumerevoli vite passate, racchiuse nei tronchi delle piante. Da lì ho visto paesaggi incredibili. Ghiacciai perenni e vulcani che vomitavano fuochi enormi sulla terra. Ho visto animali grandi come castelli e uccelli che oscuravano il sole e che ora non ci sono più. Ho visto le maree salire e ritirarsi e i fiumi formarsi, spaccando la terra. E dell’uomo ancora non c’era traccia. “Se vuoi”, concluse il ragazzo, fissando i suoi occhi in quelli del bardo, posso portarti dallo gnomo e chiederemo a lui di farti fare lo stesso percorso che ha fatto fare a me in modo che anche tu possa parlare con gli animali”. 
“Sì”, disse il bardo, e andarono nel bosco, nella radura. Lo gnomo apparve come d’incanto e si arrabbiò, vedendo il cavaliere. “Perché lo hai portato qui?”, disse, rivolgendosi al ragazzo. “Vuole sapere il segreto per parlare agli animali”. “Perché?”, chiese lo gnomo. “Per amore”, rispose il bardo, raccontandogli la sua triste storia. “Non è possibile”, disse lo gnomo, “un solo essere umano può avere questo segreto”. E aggiunse: “Chiedi al ragazzo se è disposto a cedertelo”. Il ragazzo lo guardò, si ricordò di quel senso di pena che gli aveva stretto il Cuore, ascoltando la triste storia del cavaliere e gli disse di sì. Il bardo lo ringraziò e promise di dargli tanto danaro quanto avrebbe potuto portarne via con il suo carro della farina. “Stupidi, stupidi. Soprattutto quando sono innamorati: ecco gli uomini”. “E va bene”, proseguì, “devi darmi 12 lune di tempo e ti insegnerò il segreto per parlare con gli animali e comandare loro, e il segreto per parlare con le piante e leggere dentro di loro”.
quarta luna
Alla quarta luna dell’anno, durante il mese di Aprile che fa sbocciare i fiori, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Ariete e lì incontrò lo sparviero e lo conobbe, imparando come lui a lasciar vagare libero lo spirito nel cielo, puntando dritto incontro al sole. E Bard conobbe lo splendore innanzi a cui la parola cede e divenne nobile nel suo cuore. Il pino gli raccontò la storia di quelle terre, quando rocce scoscese si precipitavano sul mare e con le sue radici si attaccava a quei sassi nudi, una volta percossi dai flutti del mare. E Bard conobbe la forza incrollabile del pensiero, l’eterno ritorno della vita e l’immortalità dell’uomo.
quinta luna
Alla quinta luna dell’anno, durante il mese di Maggio, quando rugiada e fiori di bosco si donano alle innamorate, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Toro e lì incontrò il fagiano e lo conobbe imparando come lui a lasciar trasparire sul volto il colore delle sue passioni e a fregiarsene come di un ornamento. Bard divenne libero. Il mughetto lo avvolse nel suo profumo e gli parlò di corteggiamenti e serenate nelle notti di maggio, quando solo le lucciole rischiaravano rossori e trasalimenti di dame e cavalieri cortesi. Bard divenne gentile.
sesta luna
Alla sesta luna dell’anno, durante il mese di Giugno, quando il fieno riempie i fienili, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa dei Gemelli e lì incontrò la volpe e la conobbe, imparando da lei l’astuzia per avvicinarsi alle case degli uomini, per rubare loro il cibo, quando i morsi del freddo le serravano il cuore e la paura le tagliava il respiro. Imparò anche che alcune volpi sono fanciulle distrutte da amori infelici che se si avvicinano al cuore possono ossessionare un uomo con il loro desiderio infelice. Bard imparò che l’astuzia è la madre della prudenza.
Il noce gli parlò del regno degli inferi dove anche gli eroi più grandi trovano riposo, pace e oblio.
Bard imparò che per ogni impresa umana c’è il suo tempo e che, alla fine, su tutte le imprese la morte stenderà un velo ma non per questo ci si può dimenticare di essere eroi.
settima luna
Alla settima luna dell’anno, durante il mese di Luglio, quando si tagliano avena e frumento, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Cancro e lì incontrò il pipistrello e lo conobbe, imparando a chiudere gli occhi e a vagare silenzioso nella notte esterna e in quella ancora più buia del proprio cuore. Imparò a sentire le emozioni al loro sorgere, quando ancora non erano espressi né un volere né una intenzione. Bard imparò a controllare il proprio desiderio e conobbe le cinque felicità: longevità, tranquillità, salute, avere quanto basta e buona morte. La rosa canina gli parlò dei tempi in cui la bellezza sbocciava ad ogni angolo, prima di essere sequestrata nelle serre ed essere trasformata in un fiore raro, talora emblema di principi e re. Bard imparò la semplicità.
ottava luna
Alla ottava luna dell’anno, durante il mese di Agosto, quando la spigolatrice nei campi riempie le ceste, Bard si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa del Leone e lì incontrò il falco e lo conobbe, imparando ad alzarsi nel cielo per inquadrar la preda e tenendo saldo il cuore avventarsi su di essa, a rischio della vita, senza pensare a nulla come se ogni volta potesse essere l’ultima. Bard imparò la superiorità e la vittoria.
Il carpino bianco gli fece vedere come si faceva a tenere presso di sé le foglie morte quando l’inverno ormai incombeva. Ed egli imparò a tenere presso di sè i suoi errori e i suoi rammarichi, senza consentir loro di schiantargli il cuore.
nona luna
Alla nona luna dell’anno, durante il mese di Settembre, quando si vendemmia e si pigia il vino, Bard si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa della Vergine e lì incontrò il coniglio, lo conobbe e imparò come lui ad ascoltare il palpito del suo cuore, anche quando voleva dire assaporare l’odore della paura, ma senza mai rinunciare ad essere uomo. Bard imparò che non si compiono grandi imprese perché si è coraggiosi, ma che si diventa coraggiosi ogni giorno, compiendo quelle imprese che l’odore della paura ci vorrebbe vietare.
Il finocchio selvatico avvolto nel suo profumo gli parlò dei serpenti che a lui si avvicinavano per ottenere il dono di una vista acuta e per essere aiutati nella muda e di tempi antichissimi quando i seguaci di Dioniso si adornavano dei suoi fiori e dei suoi profumi per mudare anche loro in una seconda rinascita allo Spirito, una volta all’anno. Bard imparò il cambiamento come legge della Vita.
decima luna
Alla decima luna dell’anno, durante il mese di Ottobre, quando le sementi fecondano il terreno, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa della Bilancia e lì incontrò il passero e lo conobbe imparando come lui a guidar le anime verso il mondo dei morti e a riportarle talora, quando la neve lascia di nuovo comparir la terra dopo il lungo riposo invernale. Bard imparò che nulla si perde e tutto torna. Il ciliegio gli raccontò di un giardino in cui gli uomini erano immortali e di come anche oggi impadronendosi dei suoi frutti si possa vedere attraverso il tempo impossessandosi di un pezzo di immortalità. Bard imparò che il cuore dell’uomo è fatto per l’immortalità
undicesima luna
Alla undicesima luna dell’anno,durante il mese di Novembre quando le foglie cadono e marciscono pere alimentare la vita, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Scorpione e lì incontrò la vipera e la conobbe e imparò che c’è un tempo per vivere e un tempo per morire, un tempo per cominciare e un tempo per finire, un tempo per vivere al sole e un tempo per nascondersi nell’ombra, un tempo per la clemenza e un tempo per l’odio, un tempo per l’uomo e un tempo per la donna, un tempo per la speranza e un tempo per la disperazione e che l’uomo chiama questo tempo di fortuna e tempo di sfortuna, ma che tutto è tempo di Dio. Il bosso, dal legno duro, segno di perseveranza, gli raccontò dei tempi in cui era consacrato ad Ade e veniva piantato vicino ai sepolcri per ricordare con il suo verde che la vita, come la terra sotto la neve, non muore e che come a primavera sbocciano le nuove gemme, così, dopo l’inverno della morte, le anime sbocciano ad una seconda vita che più non muore.
dodicesima luna
Alla dodicesima luna dell’anno, durante il mese di Dicembre, quando la neve avvolge la terra come in un manto e si ammazza il porco, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Sagittario e lì incontrò il cervo e lo conobbe. Imparò come le corna del cervo a indurire il suo cuore in autunno, lasciandolo cadere nel regno dei morti e ad aspettare trepidante, a primavera, il primo palpito della rinascita. Bard imparò la speranza.
La quercia gli raccontò dei tempi in cui nascevano gli dei e quando gli stessi uomini prima di essere tali furono querce. Quando, attraverso i suoi rami, gli dei  scendevano dal Cielo sulla Terra per poi risalirvi e, sotto i suoi rami frondosi, si rendevano sacrifici a Zeus, il padre degli dei. Bard imparò cosa vuol dire essere uomo di quercia.
prima luna
Alla prima luna dell’anno, durante il mese di Gennaio, quando il vino scalda il sangue e accende i sensi, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Capricorno e lì incontrò il gufo e lo conobbe, e fu subito la tristezza della notte e di quella lunga notte in cui finisce la vita. Ma imparò anche che nella notte, lasciando vagare libero lo spirito nel chiarore lunare, si può conoscere senza vedere e Bard seppe di essere diventato indovino. Il carpino nero gli parlò del suo povero legno capace di riscaldare le case degli uomini e di diventar carbone e Bard imparò che nulla val così poco da non valer qualcosa.
seconda luna
Alla seconda luna dell’anno, durante il mese di Febbraio, quando il caldo e il freddo si affrontano e il ciocco arde nel camino, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Acquario e lì incontrò il gatto e lo conobbe e questi gli parlò delle sue sette vite e di come nacque sull’arca di Noè dallo starnuto di un leone per cacciare i topi. E Bard sentì l’agilità e il vigore scendergli nelle membra e l’astuzia gli pervase il cuore. Bard imparò a dormire con un occhio solo, restando sempre in guardia contro i pericoli della notte. Bard imparò che l’astuzia produce la vigilanza.
L’edera gli parlò di Dioniso, il dio cui era stata dedicata, e della gioia e del terrore che prendeva il cuore degli uomini al suo apparire e dell’amore che persiste e che non muore. Gli ricordò anche quegli amori tristi in cui l’amante stringe il suo amore sino a soffocarlo e Bard imparò a tenere aperto il suo cuore.
terza luna
Alla terza luna dell’anno, durante il mese di Marzo quando si zappa la terra ma le falci si volgono alla guerra, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Casa dei Pesci e lì incontrò il picchio, e lo conobbe, imparando come lui a tamburellare con rapidità e violenza contro il legno per ricavare un angolo sicuro in cui riporre i beni più preziosi, senza lasciarsi distrarre da fame o sete. E Bard imparò la sicurezza.
La betulla gli raccontò del sole e della luna, che continuamente si inseguono nel cielo, alternando alla luce dorata del sole quella argentata della luna. Bard imparò che ogni cosa ha due aspetti.
Cosi Bard, il cavaliere, per lunghe 12 lune, andò nella radura e imparò a parlare con gli animali e a guardare dentro le piante. Quando arrivò la dodicesima luna, Bard aveva appreso il segreto che consentiva di parlare agli animali, di comandarli, e di guardare dentro alle piante. Si rinchiuse nella sua stanza e, dopo aver imbracciato il liuto, cominciò a comporre una melodia. Man mano che la componeva, gli animali accorrevano ai suoi piedi, estasiati da quella musica bellissima e celestiale. Uscì dalla stanza e attraversò il cortile del palazzo circondato da uccelli, leprotti, donnole e faine che lo accompagnavano, lasciando esterrefatti le dame e i cavalieri della corte di Teodolinda. Lentamente si portò sino al mulino, per chiedere la mano della figlia del mugnaio, che rimase stupito vedendolo arrivare circondato da quella numerosa corte di animali di ogni tipo. Sapeva che il mugnaio avrebbe potuto dirgli di no, ma si sentiva libero e felice: Sapeva infatti che, grazie al regalo dello gnomo, comunque non sarebbe mai più stato solo e questo lo rendeva felice. Quando giunse ai piedi della scala del mulino, la fanciulla gli corse incontro e si strinse al cuore di Bard che rimase esterrefatto. “La regina Teodolinda ha voluto battezzarsi. Se vuoi puoi farlo anche tu, ora, e così potremo sposarci”.
bosco del chignolo
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Comune di triuggio Parco valle Lambro Regione lombardia